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Il vino indiano vuole fare sul serio

L’Indian grape processing board, un comitato alle dipendenze del ministero indiano dell’industria di trasformazione dei prodotti alimentari, sta attualmente lavorando per la creazione di un rinnovato sistema legislativo vinicolo e di un relativo codice di procedure standard per l’industria del vino. Il modello si ispira alle legislazioni vinicole in vigore nell’Unione europea ma anche all’American viticultural area system statunitense e alla Vintners quality alliance canadese e sarà basato sulla identificazione e riconoscimento delle identificazioni geografiche delle regioni indiane produttrici di vino con relativo marchio di distinzione. Grande importanza verrà data al legame vino-territorio, mentre l’indicazione geografica aiuterà a stabilire la qualità del prodotto e a creare una propria identità spendibile internazionalmente.

Dopo essere entrata a pieno titolo nell’Oiv due anni fa, ora l’India sceglie di sviluppare la viticoltura locale e di incrementare i consumi preferendo però la produzione nazionale invece di importare dall’Europa o dal Nuovo mondo. Lo dimostra ad esempio la decisione del gruppo francese Lvmh di investire direttamente in India costruendo una cantina nel Nashik, una delle più rinomate zone vinicole situata a ovest del paese, che garantirà, grazie ai suoi 19 ettari coltivati a Pinot Nero, Chenin Blanc e Chardonnay, una produzione di 50.000 casse all’anno di vino spumante indiano.


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