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È arrivata la Brexit: e ora il vino?

Il Regno unito di Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord ha deciso: è Brexit, cioè l'uscita dalla Unione europea. Al di là delle reazioni più o meno emotive che si registrano oggi e dai commenti più o meno azzeccati in merito all'avvenimento, di sicuro la scelta del Regno unito di staccarsi dall'Europa e di fare da soli non mancherà di avere ripercussioni in campo economico, mondo del vino compreso. WineActs vuole quindi fare il punto della situazione scegliendo di mettere a fuoco i pochi dati oggettivi ancora sicuri e stabili.

Il referendum britannico non significa uscita immediata - Il referendum ha solo valore consultivo ma non legislativo. Ora tocca al governo britannico prendere atto della volontà popolare e intraprendere il percorso per negoziare l’uscita in base all’art. 50 del Trattato sull'Unione europea. Ci vorranno un paio di anni, almeno. Nel frattempo nulla cambia, soltanto non entrerà in vigore e cesserà di esistere l’accordo raggiunto dal premier David Cameron con la Ue nel vertice del 19 febbraio scorso con le concessioni per lo ‘statuto speciale’.

È la fine dell'Ue o del Regno unito? - Ogni paese europeo ha il suo partito di eurocontrari che oggi, a gran voce, reclamano il proprio referendum per l'uscita dall'Ue. Un sorta di effetto domino. Ma questo momento di crisi, cioè di cambiamento, può vedere l'inizio di un processo di ripensamento e di verifica dell'Unione europea, ritornando allo spirito dei padri fondatori. Un processo dove la politica deve ritrovare il suo spazio oggi sacrificato da interessi solo economici. Nel frattempo, analizzando i risultati del referendum britannico, si osserva che l'Irlanda del nord si è espressa contro la Brexit e ora mette sul piatto l'ipotesi di riunificarsi con l'Irlanda. Anche la Scozia si è espressa per due terzi a favore dell'Europa e ora sta pensando di chiedere un nuovo referendum per l'indipendenza. Chi di referendum ferisce, di referendum perisce?

Conseguenze per il commercio internazionale - Gli accordi europei di libera circolazione delle merci restano ancora in vigore, andranno nel tempo sostituiti con accordi bilaterali come nel caso della Svizzera, ma anche qui ci vorranno degli anni. Nel frattempo il Regno unito potrebbe innalzare dei dazi alle importazioni dall'Ue ma giova ricordare come l'attuale regime delle accise, nel caso dei vini e degli alcolici, rappresenta già di fatto un ostacolo al commercio, tanto diverse sono le aliquote da stato a stato. Intanto, il giorno dopo il referendum la sterlina è crollata nelle quotazioni fino a sfiorare la parità col dollaro. Una buona notizia per chi ha venduto vino nel Regno unito mettendo nel contratto come valuta di pagamento l'euro.

Il Regno unito ha comunque sete di vino - Statistiche alla mano, il Regno unito ha importato nel 2015 circa 13,75 milioni di hl, di questi 7,67 milioni di hl in bottiglia di cui 4,55 provenienti da Francia, Italia e Spagna, il 59%. Ancora meglio per gli spumanti, dove degli 1,31 milioni di hl importati il 94% viene dai tre paesi sopra citati. Diverso solo il caso dei vini sfusi, dove il 43% del totale di 4,77 milioni di hl viene da una nazione del Commonwealth, l'Australia. I numeri dicono chiaramente che, Brexit o meno, il Regno unito ha sete di vino, specialmente quello europeo, e che quindi una tale richiesta non può essere dirottata velocemente su altri mercati. Basta non dormire sugli allori.


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