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Nonostante l’estate sia il periodo più propizio per i consumi di birra, da luglio a settembre di quest’anno le vendite sono calate del 26%. È la causa dei recenti aumenti delle accise, in base a un decreto del precedente governo che ha pianificato una serie di aumenti delle accise, i primi due già scattati nell’ottobre 2013 e a gennaio del corrente anno. Ora, in vista di un ulteriore prossimo aumento previsto per il 1° gennaio 2015, l’intera filiera della birra riunita ieri a Roma chiede di sospendere tale decisione per non compromettere definitivamente il mercato che, ricordano, vale 3,2 miliardi di euro e garantisce 136 mila posti di lavoro.

L’Italia ha una produzione annuale di circa 13 milioni di hl di birra, mentre più di 6 milioni di hl vengono importati. I consumi rimangono sostanzialmente costanti con 17,5 milioni di hl, così come il consumo pro capite, che rimane invariato a 29,2 litri annui e vale l’ultimo posto in Europa, ben distante dalla repubblica Ceca (144 litri pro capite), Germania (107), Austria (106) ma anche da Paesi più mediterranei come la Spagna (82) e la Grecia (38,3).


La crisi dello Champagne sembra ormai alle spalle e grande ottimismo si ricava dalle ultime notizie sulla vendemmia attuale, che partita male a causa di una brutta estate meteorologica, sembra abbia ritrovato sprint con un settembre più caldo. Sebbene le vendite di Champagne per il secondo anno consecutivo siano scese, alcuni dei principali Paesi importatori mostrano però segni incoraggianti come il Giappone, che ha acquistato lo scorso anno 9,6 milioni di bottiglie (+6,7%), oppure l’Australia, che registra un +11,4% pari a 6 milioni di bottiglie.

Guardando il podio dei Paesi consumatori di Champagne, al primo posto c’è la Gran Bretagna, con 30,8 milioni di bottiglie (-5,1%) e 447,2 milioni di euro (-3,8%); al secondo posto gli Stati Uniti, con 17,8 milioni di bottiglie (+0,93%) mentre al terzo la Germania, con 12,3 milioni di bottiglie (-1,57%). L’Italia è ben lontana, al settimo posto, con 5,3 milioni di bottiglie (-14,1%), un risultato decisamente ben diverso dall’anno record del 2007 che realizzò 10,3 milioni di bottiglie.


Oggi è lo Champagne Day. Una iniziativa nata quattro anni fa negli Stati Uniti sul blog Vintuba ma che ha rapidamente raggiunto una notorietà grandissima grazie all’uso massiccio dei social network come Facebook, Twitter o YouTube. Chiunque può partecipare: a casa propria, al ristorante, o recandosi di persona presso alcuni avvenimenti appositamente organizzati in Francia e negli Stati Uniti, la parola d’ordine è condividere. Foto, chat, filmati, likes, messaggi, selfies, tutto quello che la tecnologia ora è in grado di offrirci può essere utilizzato per intervenire con commenti, consigli ed altre esperienze personali sul mondo dello Champagne. Non mancherà uno streaming in diretta, da poter vedere sul proprio tablet o sul proprio smartphone, dove si potrà partecipare in prima persona ad un evento strettamente ‘social’.

Se Internet era nata come una piattaforma statica per pubblicare informazioni, il Web 2.0 ha visto lo sviluppo dei social network dove non si pubblica più monodirezionalmente ma si partecipa. Ecco quindi che un evento, come lo Champagne Day, non viene programmato a tavolino ma nasce dal basso, quasi per gioco, e cresce in maniera esponenziale coinvolgendo parecchie migliaia di persone. Promozione a costo zero: la dimostrazione di come le potenzialità della rete siano ancora in gran parte da scoprire, specialmente in caso di creazione e gestione di un avvenimento.


È iniziato il 1° ottobre per concludersi entro il 31 dicembre l’obbligo, per le aziende che esportano vino negli Stati Uniti, di rinnovare la registrazione presso la Food and Drug Administration (Fda). Con gli scopi di permettere alle autorità Usa di controllare tutti i prodotti alimentari e bevande che sono posti in vendita, il rinnovo va fatto ogni due anni collegandosi sul sito della Fda e verificando i propri dati in loro possesso. È importante sottolineare che sottoscrivere la registrazione, peraltro obbligatoria se si vuole esportare negli Stati Uniti, equivale ad autorizzare la Fda ad eseguire ispezioni sanitarie presso lo stabilimento dell’azienda. Altrettanto importane è la designazione, in sede di registrazione, di un ‘US Agent’ che sarà così l’interlocutore designato con la Fda e l’azienda per qualunque evenienza.


Come ogni anno l’Agea ha diramato la circolare sulle dichiarazioni obbligatorie di vendemmia e di produzione comprendente anche le istruzioni applicative e di compilazione.

Il termine di presentazione è il 15 gennaio 2015, sebbene sia possibile presentare una dichiarazione preventiva (articolo 18 comma 4 del Dm 16 dicembre 2010) per quelle particolari tipologie di vini che devono essere commercializzati prima del 15 gennaio. Per il trattamento delle dichiarazioni della campagna 2014-15 l’Agea è competente per il territorio nazionale ad eccezioni delle regioni Toscana (Artea), Veneto (Avepa), Emilia-Romagna (Agrea), nonché Piemonte, Lombardia e la provincia autonoma di Trento.


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